Allarmi sulla temibilità della Cina e della sua concorrenza spietata in questi ultimi anni ne sono stati lanciati a iosa. Tremonti, che in teoria dovrebbe essere il portabandiera in Italia del liberismo, a causa dei cinesi e della fifa che in lui infonde il loro dinamismo sui mercati, è arrivato persino a sostenere la necessità di misure protezionistiche ed impedire per tale via alle merci cinesi di invadere i nostri mercati.
Ma c’è un settore in particolare, nel quale il paese del dragone è forte ed è quello delle contraffazioni. Un mercato dalle dimensioni davvero preoccupanti. Solo in Europa ammonta a circa il 5%-7% del mercato legale e per dimensione supera quello degli stupefacenti.
L’Italia è uno dei paesi maggiormente colpiti dalla contraffazione. Le autorità doganali nel 2006 hanno sequestrato circa 18 milioni di articoli contraffatti. E proprio i cinesi rappresentano i veri campioni, sul mercato italiano per quanto riguarda la contraffazione. Controllano infatti circa il 93% di esso. Il Bel Paese, inoltre, rappresenta una importante porta di ingresso dei prodotti falsi che poi vengono spediti in altri paesi europei.
In Italia manca in effetti una seria normativa di contrasto al fenomeno, come spiega in un articolo del Sole 24Ore di sabato scorso Giovanni Kessler, alto commissario per la lotta alla contraffazione, anche se sono in discussione attualmente al Senato alcune proposte di modifica alla normativa vigente in materia di falsi. Sarebbe però opportuno, come spiegato nello stesso articolo, “adottare azioni sistematiche che vedano coinvolte le aziende, i consumatori, le autorità nazionali e transazionali”. Occorre una risposta corale insomma, portata sia attraverso l’adozione di norme più adeguate che con un cambio di mentalità da parte delle principali categorie coinvolte, non ultime i consumatori ovviamente.
Ma forse sarebbe meglio e forse più opportuno dare al fenomeno una risposta più efficace. L’Italia infatti è il paese del bello, della moda dell’arte, insomma di prodotti che saranno pure belli esteriormente, ma dal basso valore intrinseco e facilmente riproducibili dai temibili concorrenti sleali. Insomma, accanto a risposte codice alla mano e al posto delle (troppo) inadeguate misure protezionistiche che tanto piacciono a Tremonti ma che non risolvono affatto il problema e anzi, lo aggravano procrastinandolo a data da definirsi, sarebbe forse opportuno rispondere agli invasori sleali con una maggiore attività in ricerca, innovazione e sviluppo che nel Bel Paese, da sempre troppo sensibile al bello, fa un po’ di difetto.
Ma curiosamente, accanto a questa notizia lo stesso Sole 24Ore di sabato scorso, alla pagina successiva riporta quella della Glaxo Smith Kline, multinazionale della farmaceutica che preferisce l’Italia alla Cina per la produzione di farmaci, dal brevetto scaduto destinati proprio al mercato cinese. Dalle dichiarazioni dei responsabili della casa farmaceutica infatti, la produzione di quel farmaco in Italia, oltre a garantire maggiore qualità assicurerebbe anche minori costi.
Blogosfere.it, 19 Dec 2007