Asia, bomba a orologeria Parola di Sandro Calvani

Alle Acli incontro con il rappresentante dell’Onu in Oriente.
Impegno contro il traffico di oppio, ma la situazione è difficile.

L’Asia è un paese fortemente a rischio. A partire dall’Iraq dove ieri hanno trovato la morte diciotto italiani. Diciotto tra carabinieri, militari e civili in Iraq per la missione di pace e di ricostruzione sono morti in un terribile attentato.
Un evento in un certo senso prevedibile secondo Sandro Calvani rappresentate delle Nazioni Unite (Ufficio della droga e del crimine) per l’Asia e il Pacifico, ieri sera a Brescia come protagonista del convegno «Il diritto internazionale, una via per la pace: il ruolo dell’Onu» organizzato dalle Acli provinciali di Brescia.
Ma già nel pomeriggio Calvani, prima dell’incontro serale alle Acli, ha commentato la tragica morte degli italiani: «C’è stata una guerra, c’è stata un’occupazione, queste persone sono arrivate dopo gli aggressori statunitensi, ma non c’è stato il tempo per una campagna di informazione. L’opinione, discutibile, del capo della missione Onu era mostrare di non essere armati, non circondarsi di difese come gli americani e aspettare che gli iracheni capissero. Purtroppo non c’è stato neanche il tempo di capire».
Il lavoro quotidiano di Sandro Calvani però è molto più a Oriente dell’ex dominio di Saddam Hussein, in una zona altrettanto calda ma solcata da problemi e culture differenti da quella araba. Nel suo ufficio di Bangkok in Thailandia l’ordine del giorno è la lotta contro gli stupefacenti.
Autore di saggi come «Saccheggio globale» sulla nuova criminalità del mondo senza frontiere, Calvani dopo anni di esperienza ha imparato che è soltanto offrendo delle alternative di guadagno che si possono liberare i popoli del sud-est asiatico dallo spettro del narcotraffico.«Le zone montagnose al confine tra Thailandia e Birmania sono dominate in forma feudale da minoranze etniche e rappresentano dei veri e propri territori a sé rispetto ai governi centrali – spiega Calvani – lo Stato è assente e l’unica possibile fonte di reddito è la coltivazione dell’oppio e il traffico di legno tek, esseri umani e animali esotici. In Thailandia abbiamo promosso ormai da 30 anni delle economie alternative, programmi a lungo periodo che hanno dato l’opportunità ad interi villaggi di trovare dei canali commerciali e scegliere autonomamente di dire no alla droga».
«Ora – ha preseguito Calvani – il problema si è spostato in Birmania dove al potere c’è un regime e nelle regioni del Triangolo d’oro dominano incontrastate 18 minoranze armate che dalla droga ricavano i soldi anche per costruire strade e ospedali. Lì l’Onu ha predisposto un programma di aiuti per i prossimi 15 anni ma l’aumento del prezzo dell’oppio rischia di annullare ogni sforzo».
Delle possibilità e dei limiti delle Nazioni Unite impegnate per «il progresso sociale dei popoli in una dimensione di più ampia libertà» (come recita le prime righe della Carta dell’Onu) si è parlato nell’incontro di ieri sera che ha visto al tavolo insieme a Calvani, Tino Bino, coordinatore provinciale dell’Ulivo, e Sandro Fontana, già vicepresidente del Parlamento europeo e rappresentante del centro-destra.
Entrambi convinti dell’esigenza di una forza sovranazionale a tutela della pace e dei diritti di tutti i popoli, hanno anche sottolineato l’attuale inadeguatezza dell’Onu a svolgere tale compiti. Ma se per Sandro Fontana l’unica via d’uscita resta quella di dare un potere sanzionatorio alle Nazioni Unite e limitare il potere dei cinque Paesi che siedono al tavolo del Consiglio di sicurezza con diritto di veto, per Tino Bino c’è l’esigenza di una nuova ottica di discussione: «La gente ha paura del disordine e del caos che sembra regnare nel mondo. La mia risposta è rimettere la politica al primo posto, l’interesse collettivo prima di tutti gli interessi individuali».

www.bresciaoggi.it, 13 Nov 2003

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